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La stampa dopo Gutenberg

La stampa dopo Gutenberg fu come un salice piantato in riva ad un fiume: crebbe rapida e forte. In particolare con la diaspora, seguita alla presa e distruzione di Magonza da parte de Adolfo di Nassau, degli artigiani che lavoravano per la tipografia Fust – Schöffer.

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Costoro, acquisita per vie legali la stamperia di Gutenberg, avevano proseguito con successo il lavoro, introducendo la buona usanza di firmare e datare i loro libri ad iniziare nel 1457 dal Salterio di Magonza, un volume molto importante, considerato uno dei testi più belli al mondo.
Con l'esperienza di Schöffer e il denaro di Fust, entrambi raccolsero a piene mani i frutti della rivoluzionaria invenzione.



Fust trovò la morte nel 1466 per la peste che in quell'anno infestava Parigi, dove si era rifugiato. Il socio Peter Schöffer proseguì l'attività, lasciandola ai primi del XVI secolo ai figli.

La diffusione della stampa dopo Gutenberg

La stampa dopo Gutenberg divenne europea, diffondendosi rapidamente in numerose città tedesche del Sacro Romano Impero tra cui Strasburgo, Colonia, Augusta, Norimberga, Spira, Ulm, Bamberg; già nel 1467 per merito di un allievo di Gutenberg arrivò a Basilea; nel 1470 si aprì la stamperia della Sorbona sempre per mano di tedeschi emigrati; nel 1473 è nelle Fiandre ed a Utrecht; l'anno seguente in Spagna a Valencia e nel 1477 a Westminster cittadina all'epoca separata da Londra.

Anche le immagini conquistarono ben presto il loro spazio nella stampa poco dopo Gutenberg.

Albrecht Pfister fu il primo a pubblicare a Bamberg, città a nord di Norimberga, un testo in volgare corredato da xilografie, dimostrando così di non cercare solo un pubblico di latinisti, letterati o prelati, ma anche di borghesi ed aristocratici.

È sorprendente come Albrecht Dürer, uno dei maggiori e più conosciuti artisti ed incisori della storia, abbia pubblicato a soli trent'anni di distanza dalla morte di Gutenberg, le quindici xilografie dell'Apocalisse, uno tra i suoi capolavori, il cui successo fu tale da giungere nelle più remote regioni europee e che fu copiato in pitture ed incisioni infinite volte.
Ciò dimostra come la giovane arte della stampa, unita alla solida tradizione orafa, all'ottimismo e volontà di rinascita che iniziava a pervadere l'Europa, era già pronta a trovare grandissimi uomini capaci di adoperarla per sublimi manifestazioni artistiche.

La diffusione della stampa in Italia

In Italia la stampa giunse nel 1465 e trovò un terreno fertile per diffondersi, ma soprattutto delle persone desiderose di imparare velocemente e abili nell'ammodernarne la tecnica, per esempio con la creazione di caratteri di stampa più vicini al gusto rinascimentale italiano.

Konrad Sweynheim e Arnold Pannartz erano due monaci tedeschi i quali avevano lavorato per Johannes Fust e il socio Peter Schöffer, trovandosi in difficoltà in seguito all'arrivo a Magonza di Adolfo II di Nassau, che aveva messo a soqquadro la città.
Forse, caricato su un carretto rapidamente qualche oggetto tipografico, si incamminarono subito verso l'Italia; oppure attesero il 1464 quando sarebbe arrivato l'invito a trasferirsi a Roma da parte o di Cusano o di Torquemada; fatto sta che finirono certamente nel monastero benedettino di Santa Scolastica presso Subiaco non lontano da Roma.

Nicolò Cusano morì nell'estate del 1464 e nel loro cammino Konrad Sweynheim e Arnold Pannartz per Roma devono esserci passati, ma non si fermarono o non furono fermati.
Da ciò pare eventualmente più probabile che la chiamata possa essere giunta da Juan de Torquemada, grand teologo ed erudito, dal carattere rigido e facile alla collera, poco amato dai confratelli e dalla curia, il quale dal 1455 era vescovo di Palestrina e dal 1463 si trovava a capo del monastero di Subiaco ove rimase fino alla morte nel 1468.

Comunque sia andata, i due viandanti tedeschi furono accolti, scaricarono i loro bagagli e mostrarono ai monaci le demoniache magie della stampa. Costoro, credendo più nel volere della Provvidenza, certosinamente iniziarono a lavorare sotto la guida di Sweynheim e Pannartz.

Nel 1465 portarono a termine quello che passerà alla storia come il primo libro a stampa italiano. La prima tipografia in Italia stampò dapprima una grammatica latina in uso nelle scuole il Donatus pro puerulis, ma non essendone rimaste tracce, si deve considerare come primo libro il De divinis institutionibus adversus gentes del Lattanzio, forse un po' più noioso, ma che reca chiara la data 29 ottobre 1465 nel venerabile monastero di Subiaco. La tiratura fu di 275 copie.

Sweynheim e Pannartz lavorarono ancora ad alcune opere, ma il destino li voleva a Roma dove nel 1467 si trasferirono.

L'Italia, dopo i territori tedeschi, fu il primo paese dove l'arte della stampa si affermò. Alla fine del secolo vi erano 550 tipografie in 64 città italiane. Venezia, la città più importante sotto questo aspetto, da sola ne contava il 10%, seguita da Bologna, Roma, Milano, Firenze, Pavia, Napoli.

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di Davide Biffis

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