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Historia Naturalis di Ulisse Aldrovandi

La "Historia Naturalis" di Ulisse Aldrovandi è una raccolta in tredici tomi che descrivono e illustrano l'indagine complessiva sul mondo dello studioso ed insegnante bolognese.
Di questi noi ci occuperemo soprattutto degli undici che raccontano del regno animale, lasciando sullo sfondo i due dedicati alle rocce e alle piante.

Dell'Historia Naturalis Ulisse Aldrovandi prima di morire ebbe il tempo di vedere editi solo i primi volumi.

frontespizio
Nel 1599 ad aprire la collana apparve Ornithologiæ hoc est de avibus historiae libri XII  nella quale vengono descritti ed illustrati i più nobili tra gli uccelli, i rapaci, ad iniziare dall'aquila, per proseguire con la falconeria.

L'anno seguente fu stampato il secondo volume relativo agli uccelli Ornithologiæ tomus alter; nel 1602 fu la volta dell'unico volume sugli insetti, numerosissimi a questo mondo, ma evidentemente sottostimati De animalibus insectis libri septem, cum singulorum iconibus ad vivum expressis che Aldrovandi divise in sette categorie e raffigurò con circa settecentoventi xilografie.

Nel 1603 si chiudeva il tema ornitologico col terzo e ultimo volume Ornithologiæ tomus tertius, ac postremus.



Da ora i volumi stampati furono curati dai suoi studenti, ai quali bastò seguire le indicazioni e il materiale lasciato da Aldrovandi.

Nel 1606 apparve il quinto tomo della Historia Naturalis di Ulisse Aldrovandi De Reliquis Animalibus exanguibus libri quatuor, post mortem eius editi: Nempe de mollibus, crustaceis, testaceis, et zoophytis curata dalla vedova Francesca Aldrovandi.
Il libro è dedicato agli animali a sangue freddo, ossia gli invertebrati, mostrati attraverso circa seicento xilografie.

La suddivisione classificatoria di Aldrovandi segue la tradizione di Aristotele, dividendo gli animali tra quelli a sangue caldo e freddo, ossia tra il mondo dei vertebrati da una parte e quello degli invertebrati dall'altra. Ovviamente tutto condito da conoscenze erronee che intrecciano e mescolano le due grandi classi; ma questo lo possiamo valutare oggi solo noi.

Nel volume sugli insetti ci finisce il cavalluccio marino e ci finiscono pure i vermi che avrebbero dovuto stare con gli “exanguibus”, il pipistrello è collocato tra gli uccelli giacché possiede le ali.


Sarà necessario attendere alcuni anni fino al 1613 per avere il sesto volume titolato De piscibus libri V et De cetis lib. Unus, abbellito da circa quattrocento xilografie e curato da John Cornelius Uterverius, olandese d'origine, che divenne lo studente prediletto da Aldrovandi, tanto da essere indicato successore del grande scienziato nella direzione dell'orto botanico, erede della cattedra connessa e come primo custode del museo e della biblioteca.

Tre anni d'appresso sempre col lavoro dell'Uterverius apparve il De quadrupedibus solipedibus volumen integrum con dodici xilografie sui quadrupedi aventi l'unghia compatta. È il settimo tomo della Historia Naturalis di Ulisse Aldrovandi.

Nel 1621 ecco il nuovo volume Quadrupedum omnium bisulcorum historia scritto dall'Uterverius e dedicato ai quadrupedi ruminanti aventi l'unghia divisa in due, con settantotto xilografie compresa quella derivata dal notissimo rinoceronte di Dürer.

Lo sventurato celeberrimo animale nacque probabilmente alle pendici dell'Himalaya e prima di finire illustrato dall'Aldrovandi finì ingabbiato presso la reggia del sultano del Gujarat nell'India occidentale. Costui lo donò nel 1514 alla missione dell'India portoghese di Goa, sita alcune centinaia di chilometri più a sud.

rinoceronte
I santi padri, che di un rinoceronte unicorno non sapevano che farsene, lo imbarcarono per Lisbona credendo di fare cosa gradita al re Manuele I, ma pure al re un bestione alto due metri e del peso di due tonnellate parve più un impiccio che uno stravagante animale da compagnia, sicché lo riciclò come regalo per il Santo Padre Leone X.


Il malcapitato rinoceronte al largo di Genova colò a picco e a Roma ci arrivò solo impagliato.

Tuttavia, come nell'antichità gli Dei innalzavano tra le costellazioni i mortali più meritevoli, così la Sorte scelse di rendere eterno questo animale.

Infatti capitò che un ignoto artista portoghese facesse uno schizzo del rinoceronte ancora vivo e che questo disegno passasse per le mani del migliore incisore europeo del secolo, Dürer. Egli ne trasse una incisione che pochi anni dopo fu riprodotta dal Hans Burgkmair, suo allievo.
I fogli stampati ebbero successo, si diffusero e finirono nelle mani di Conrad Gesner che li usò per illustrare il rinoceronte da descrivere nella sua Historiæ animalium. Avallata dall'autorevole scienziato svizzero, la veridicità dell'immagine divenne sempre più intoccabile e quando poi pure Aldrovandi la ripropose alla pagina 884 del suo Quadrupedum omnium bisulcorum historia, mutuandola proprio da Gesner, l'immagine düreriana divenne verbo.

In tal maniera quel povero rinoceronte indiano passò alla storia, con il suo occhio rassegnato e la sua corazza da far invidia al più elegante cavaliere rinascimentale.

legatura
Molti anni dopo nel 1637 a trentadue anni dalla morte di Ulisse Aldrovandi si stampò il nono volume della Historia Naturalis dal titolo De quadrupedibus digitatis viviparis libri tres, et de quadrupedibus digitatis oviparis libri duo. Abbellita da centotrenta xilografie, racconta l'aspetto, l'habitat, le abitudini dei quadrupedi dotati di dita sia vivipari, sia ovipari, tanto grandi, quanto piccoli.
E' qui che si trovano buona parte dei mammiferi quali l'orso, la lince, il cane e il gatto, le scimmie, i roditori, la volpe e il tasso; accanto a salamandre, testuggini e lucertole.

Trascorsero nuovamente tre anni prima che nel 1640 fosse stampato il Serpentum et Draconum historiæ libri duo decimo volume dell'enciclopedico progetto aldrovandino, curato da Bartolomeo Ambrosino. A corredo vi sono sessantuno xilografie tra le quali le rappresentazioni dei terrificanti draghi terrestri e volanti.



A questo punto oggi si direbbe che il regno animale possa considerarsi descritto, ma non per l'uomo del Rinascimento. Sicché la Historia Naturalis di Ulisse Aldrovandi crebbe con un tomo conclusivo.

La Natura prevede anche i mostri e nel 1642 Bartolomeo Ambrosino li descrisse nel Monstrorum historia, opera illustrata da poco meno di quattrocentottanta xilografie.
Per mostri si intendevano le stranezze naturali accanto a difformità legate alla mitologia. Draghi, basilischi, arpie, chimere, unicorni e pesci vescovo vengono affiancati da uomini od animali malformati con due teste, due corpi, ermafroditi, nani, terribilmente villosi, oppure ad esseri assemblati incrociando la fauna più strana o ancora uomini col corpo di animali differenti o viceversa.

Si descrivevano anche tutti gli artificiali assemblaggi, non riconosciuti come tali, che viaggiatori con grande fantasia preparavano, usando parti di animali diversi ed originari dei paesi più remoti al fine di venderli ai collezionisti europei, bramosi di arricchire le loro esclusive wunderkammer.
La consapevolezza dell'esistenza di tali contraffattori spinse nel XVIII secolo a ritenere l'ornitorinco appena scoperto una truffa architettata componendo il becco di un'anatra con il corpo di una lontra e la coda di un castoro.


A chiusura delle opere di carattere naturalistico date alle stampe, si deve citare il Musæum metallicum in libros IIII distributum che apparve nel 1648 grazie alla volontà di Bartolomeo Ambrosino e che si concentrava sul mondo dei minerali.

Sarà invece da attendere ben sessant'anni dalla morte dello studioso bolognese prima che qualcuno si decida a stampare la Dendrologiæ naturalis scilicet Arborum Historiae libri duo (1668) ossia il volume dedicato alla botanica. Il tomo fu frutto più del lavoro del suo curatore Ovidio Montalbano che non basato sull'erbario di Aldrovandi a cui chiaramente il frontespizio attribuisce univocamente la paternità.

Tutto questo straordinario lavoro si basò tanto sull'esperienza diretta, quanto su alcune fonti che Ulisse Aldrovandi adoperò.

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di Davide Biffis

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